Vertebre

Maria Campeggio, poesie.
Ho avuto il piacere e l’onore di inoltrarmi per prima tra i versi dell’amica Maria, raccolti con il titolo enigmatico “Vertebre”. Mi è parso subito insolito e allo stesso tempo intrigante, perché evoca immagini potenti e suggestive. Ne ho compreso la scelta man mano che leggevo: le vertebre sono la spina dorsale, la struttura portante del corpo e parlano di forza interiore, di facoltà nell’affrontare le fatiche; dunque, raffigurano la connessione tra diverse esperienze, tra passato e presente, tra temi apparentemente distinti che in realtà formano un tutt’uno.
Addentrandosi in queste pagine, il lettore scoprirà un universo poetico di profonda autenticità. Le poesie della raccolta si dipanano senza titoli, quasi a formare un unico, ininterrotto monologo, un flusso di coscienza che cattura la natura e l’esperienza dell’autrice e, al tempo stesso, di ognuno di noi. Emerge ricchezza di temi, spesso in dialogo tra loro, come l’amore, l’amarezza di fronte alle delusioni, l’amicizia tradita. Quello che mi ha particolarmente toccato riguarda la precarietà del vivere, da cui scaturisce la necessità di inventare realtà diverse e trovare spiragli di luce, anche nella nebbia più fitta; una disamina che sorprende per la sua limpidezza, forse grazie anche alla fede toccante che pervade alcune delle liriche.
Pure quando la gioia appare vivida tra le parole, l’inevitabile pensiero del “Non Esserci più” si manifesta, con saggia cognizione. Anzi, diventa stimolo potente per vivere con maggior vigore. È un invito a celebrare il presente, a festeggiare ogni istante, come mirabilmente espresso nei versi: “Festeggia/ la Vita/ che ti è data,/ che ci è data,/ fino alle soglie/ del Non Esserci più”. Ancora: “Di puro Amore poi/ mi sono vestita/ e ho fatto strage/ delle mie paure”. Le poesie di Maria, infatti, non sono soltanto uno specchio della sua anima, ma ci spingono a una più profonda accettazione e gratitudine per la vita. Versi che rappresentano un modo per andare avanti, per ripulire gli occhi con le lacrime dalle sozzure del mondo e guardare oltre: “Ma non fermarti là./ Il firmamento/ è infinito”. Ecco la speranza che illumina i suoi giorni.
La poesia che, a mio avviso, rappresenta un manifesto del nostro essere donne inizia con “Io sono così.”, per poi affermare: “non sono di destra,/ non sono di sinistra,/ preferisco il centro,/ ma quello del mio Essere”. Ho letto una prima volta con urgenza l’intera opera, cercando la poesia che contenesse la parola vertebre: “Le mie mani/ a calice/sotto il tuo viso/ e addento/ della passione/ il frutto./ Ti sento/ fino al midollo/ mentre mi perfori/ le vertebre”. Ecco la poetica di Maria Campeggio: sentire fino al midollo, a costo di farsi perforare le vertebre. E questa è Poesia. (Luigina Parisi, scrittrice e poetessa).
Opera curata e garantita da Storie di Libri.

Autore dell’articolo
Pasquale Cavalera nasce a Galatina il 15 agosto 1983. Nel 2009 si laurea in Ingegneria Meccanica e qualche anno più tardi, dopo aver deciso di concludere la carriera di ingegnere, fonda l’agenzia letteraria Storie di Libri, in cui attualmente ricopre i ruoli di CEO ed editor.